Piccoli racconti colorati d’ironia

Il fascino discreto della carta stampata, incuriosisce Vincenzo Giugliano sin da bambino.


Ha sette anni quando il padre Francesco lo porta con se negli appartamenti dove lavora da imbianchino: stacca il vecchio parato e incolla quello nuovo su vecchi giornali. Lui ha appena cominciato a leggere e a scrivere e, accanto a papà, si diverte a decifrare quelle scritte appiccicate al muro, molto tempo prima della sua nascita.


Ha già le idee chiare. A chi gli chiede "Che vuoi fare da grande?", risponde: "il pittore". Che per lui è chi crea paesaggi, figure, nature morte… Lontano dal sogno di famiglia: un figlio architetto


In questi anni comincia a capire che cosa significa "costruire e colorare".


Poco prima di Natale, quando la maestra delle elementari insegna ai piccoli come nasce un presepe realizzando con cartoncino, colla e polvere di sughero una casetta, Vincenzo, che è stato attentisssimo, torna a casa e la imita. Il giorno dopo le consegna un fac-simile tra la meraviglia di tutti.


A scuola familiarizza con il proprio talento. Frequenta il secondo anno delle medie. L'insegnante di educazione artistica assegna un tema: "Una giornata nel tuo paese". Gli viene in mente la domenica. E consegna il suo pensiero in immagini: la piazza triangolare, la fontana, gente che rientra dal mercato festivo con le mani cariche di buste. Conquista il terzo premio di un concorso organizzato dal suo comune di origine.


L'amore per i colori ispira un suggerimento sbagliato di un insegnante ai genitori: "Disegna così bene, fategli fare il geometra!". Si ritrova iscritto all'istituto tecnico dove finisce per ritirarsi al terzo anno.


Venditore ambulante di stoffe. Piacevole contatto con la materia che diventa capitale artistico. Pezzi di juta finiranno in alcuni suoi lavori. Nel frattempo non dimentica gli studi e comincia prepararsi da privatista per la maturità artistica. Il percorso è ancora abbastanza duro. Pesa il bagaglio del fallimento con l'istituto tecnico. Incontra Mario Fortunato, docente dell'istituto d'arte di Napoli che gli trasmette la passione per la grafica e lo aiuta a superare l'esame di maturità artistica. Con il diploma in tasca che gli da il via libera all'Accademia di belle arti di Napoli, s'imbarca su un volo per New York, nel 1989. A long Island lo ospita un amico che lavora come traduttore.


Vincenzo divora l'arte moderna della Grande mela, dove incontra Picasso, Burri, Ernst e tutti i grandi maestri del novecento al Metroplitan Museum. Pizzaiolo per prolungare il suo soggiorno il più possibile. Otto mesi oltreoceano. E serata decisiva, per i suoi occhi d'artista, a Soho durante una cena. In un bistrot tappezzato con pagine del quotidiano "Le Figarò". Visione incisa nella sua mente.


Rientra in Italia e concilia la passione per l'arte con il mondo dello spettacolo dal quale è affascinato. All'Accademia di Belle Arti di Napoli la scelta cade sul corso di Scenografia. Dove incontra il maestro Albino Ottaiano che come primo comandamento sostiene: "Non avere mai paura della grandezze". Principio radicato nella sua mente. Non si spaventa mai, nemmeno se deve organizzare un'allestimento in uno spazio grande come un campo da calcio...


Né si scoraggia quando il suo amico Vittorio gli chiede di inventargli qualcosa per decorare la propria casa in affitto. Vincenzo si ricorda del bistrot newyorchese. Gli ricopre le pareti di giornali e inventa il suo primo angelo: quello caravaggesco della fuga in Egitto, che poi taglierà dal muro e posizionerà su una tela rossa, quando Vittorio lascerà l'appartamento.


Comincia così il viaggio tra titoli, pennellate e collage. L'ironia prende il sopravvento. Vincenzo costruisce scene su tela o su tavola, sbizzarrendosi a corredarle con frasi. La foto di un incontro del leggendario Rochi Marciano viene tagliata in due parti. Stanno per darsi un cazzotto i due pugili. Interviene l'autore sdrammatizzando la suspance con frasi come: "guance rosse in attesa di un bacio", "prima di partire", "tra domande e risposte"...


L'artista, catturato dalla bizzarra comicità del quotidiano: sequenza da premiazione. Corteo di accademici in fila… Al centro uno di loro si mette la mano sulla fronte… Stress da successo… Commentato con sentenza del tipo: "Dei delitti e delle pene… non ci resta che ridere…". La parola, immancabile protagonista.


Quadri, piccoli racconti. Spicchi di vita.


Idee che si rincorrono senza perdere di vista se stesso: fotografare gente comune e reinventarle con la pittura. Recuperare tra i vecchi lavori d'adolescente, un autoritratto fumettato inciso nel legno, ricavando dalla matrice una stampa: tutte e due da esporre... L'arte come procedimento, maturazione, passaggio da una fase all'altra...


Vincenzo accumula memoria rubata al grottesco della realtà. Gioca con un labirinto di visioni, come l'adorato maestro Hitchcock. Interpreta frammenti di mondo. Narra i gesti delle idee...


Da Ritratti d'Autore di Donatella Gallone, Suk Edizioni, 2004



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